2° Anno
LA FESTA DEL PINGUE
Intanto, a suon di giri di corsa e di turni di consegna, era iniziato il nostro secondo anno accademico e ci eravamo finalmente elevati di un piccolo gradino al di sopra della cosiddetta categoria dei "Loro non sono Nessuno", alla quale avevamo appartenuto per tutto l'anno precedente.
Eravamo cioè diventati gli scafati anziani, lasciando il poco ambito titolo di ultimi arrivati al Corso Sparviero 2°.
Ma ai vantaggi di essere un po' meno tartassati dagli Scelti e dagli Ufficiali addetti all'inquadramento, per noi si erano aggiunti, in forza della tradizione accademica, altri nuovi impegni da onorare.
Avremmo dovuto in primis essere d'esempio per puntualità, per disciplina e, soprattutto, per spirito di Corso, essendo più anziani nei confronti dei pingui e, quindi, con maggiori responsabilità, ma anche assolvere altre incombenze, una delle quali era la tradizionale Festa del Pingue da organizzare in tempi brevissimi, con la quale avremmo dato benvenuto agli Sparvieri e concluso in fratellanza le spinguinature nei loro confronti.
Si trattava di realizzare un ricevimento pomeridiano con balli, rinfreschi e baciamani a destra e a manca, cui intervenivano le massime autorità civili, l'intero quadro permanente con in testa il Generale Comandante e numerosissimi ospiti e parenti degli allievi.
Nel momento topico di tale evento, dopo una rullata di tamburo del batterista dell'orchestra, il Capocorso degli Anziani avrebbe solennemente "passato in consegna" coram populo al Capocorso del 1° Anno un pinguino ligneo vecchio quanto il nostro Massimo Istituto, quale simbolo dei doveri assunti con l'arruolamento.
Il pinguino, infatti, è uccello incapace di volare con le sue alette atrofizzate. Ma i pinguini dell'Accademia invece le ali da svariati decenni le sviluppano eccome, grazie ai programmi di...."mutazione genetica" ideati da Mamma Aeronautica.
Naturalmente, sapevamo tutti che in tale occasione avremmo dovuto dare prova della nostra reputazione di Corso non solo assai bene amalgamato, ma anche capace di realizzare qualcosa di più di una semplice festa danzante, vivace e divertente.
Dovete sapere che in quegli anni il Comandante dell'Accademia era un prestigioso Generale, un Signore nel vero senso della parola. Nessuno di noi lo aveva mai sentito alzare la voce, perché la sua figura calma e compassata, circondata dal deferente sussiego di chi lo accompagnava, nonché la sua uniforme con i numerosi nastrini del suo curriculum aeronautico sopra il taschino bastavano a trasmettere a tutti un senso di autorevolezza e nel contempo di naturale ed elegante cortesia.
Aveva assunto l'incarico proprio mentre eravamo ancora in abiti civili a Nisida per gli esami di concorso e, dopo il nostro arruolamento, i nostri primi orgogliosi pronunciamenti e le nostre prime dimostrazioni di unità e di spirito di Corso in eventi sportivi e in molte altre situazioni, aveva confessato alla sua cerchia più ristretta di collaboratori di avere simpatie per il Rostro, da lui tenuto a battesimo.
Aveva detto che gli piacevamo perché eravamo vivaci, combattivi e determinati, anche a rischio di essere puniti.
Quando lo incontravamo, noi allievi - cui già un Capitano metteva grande soggezione - avevamo l'impressione di essere di fronte ad un padreterno inarrivabile.
Aveva l'abitudine di farsi accompagnare da un barboncino bianco, mansueto come il padrone, che gli zampettava dietro senza mai allontanarsi più di un metro da lui.
L’intera Accademia a quel tempo operava sulle direttive generali emanate dal Comandante, ma l’attuazione pratica delle stesse era affidata ad un Colonnello, Comandante in Seconda, che nella fattispecie avrebbe presto rivestito il grado di Generale di Brigata Aerea.
Egli si distingueva dal Numero Uno quale persona dinamica e severa, cui nulla sfuggiva di quanto accadeva sotto di lui. Era continuamente in giro per controllare di persona il perfetto funzionamento di ogni settore, affinché tutti gli elementi del contesto concorressero puntualmente al perseguimento degli obiettivi di programma, dalla didattica alla logistica, dallo sport alla disciplina e alle attività di volo.
In pratica, era in ballo dalla mattina alla sera, domeniche comprese, rese vivacissime in quanto in esse si svolgevano le competizioni sportive tra i Corsi, con gare individuali e di squadra.
Degli eventi con rilevanza esterna, come ad esempio le parate, sovrintendeva a tutte le prove, trovando sempre i tempi ed i modi per perfezionare ogni piccolo dettaglio. Era capace di farci ripetere più volte un movimento di parata fino ad ottenere da tutti, ufficiali e allievi, la perfezione assoluta.
Anche lui, girando a passo spedito tra una palazzina e l’altra, si faceva accompagnare da un cane pastore scozzese agitatissimo e sempre col motore in moto, proprio come il suo padrone.
Mentre l’intero battaglione allievi era schierato sul piazzale in una delle innumerevoli adunate quotidiane, ci eravamo divertiti spesso a sbirciare questi due fedeli amici dell’uomo, così diversi tra loro tanto quanto lo erano le due figure di vertice.
Infatti, nelle occasioni in cui i due cani si incontravano sul piazzale, il barboncino assisteva impassibile alle scorribande sguaiate del collie e non perdeva mai la sua compostezza, come se non lo volesse degnare di una qualche attenzione.
Ecco gli antefatti da cui partimmo per animare la Festa del Pingue.