Battesimo del volo - Rostro 1956

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Il volo.
 
“ ..lasciata la città di pianto e foco
passammo nella valle di Caina
e quivi, stanco, feci sosta un poco..”
                     (Inferno – Canto VII°)

La leggendaria Scuola di Volo di Pomigliano d’Arco era proprio così, una sosta ed un sollievo dalla dura vita di Nisida.
L’ambiente aeroportuale, per quanto sempre militare, era tuttavia più prossimo a quello di un tipico reparto di volo, forse perché la maggior parte degli istruttori, vivendo al di fuori della realtà accademica, non aveva avuto modo di incarognirsi nei rituali disciplinari in vigore nel massimo Istituto e, quindi, ci trattava con la bonarietà di un padre o di un fratello maggiore.
Tutti si ricorderanno delle mattinate passate al sole, con la schiena comodamente appoggiata al telo del grosso tendone posto in zona “3 – B – L – “ (tre baracche linea) in attesa del proprio turno di volo, ascoltando sulla radiolina l’ultimo successo di Modugno a Sanremo, che era proprio “Nel blu dipinto di blu”.
Pomigliano era per noi la palestra in cui potevamo finalmente esprimere quella passione che ci aveva spinti a lasciare famigliari ed amici pur di vivere i nostri sogni.
Gli istruttori, molti dei quali avevano combattuto nella 2° Guerra Mondiale, per noi allievi erano dei semidei, in grado di correggere tempestivamente ogni nostro errore di manovra, per quanto grave.
A modo proprio, ognuno di essi era un personaggio, con le sue caratteristiche, il suo modo di parlare, la sua brusca franchezza e, in qualche caso, con le sue piccole manie, che non ci importavano più di tanto perché ai nostri occhi erano il massimo.
Anche nel prosieguo della carriera, li avremmo sempre ricordati con grande gratitudine ed affetto.
Questa componente di “manici” era comandata, da tempo immemorabile, dal T.Col. Biagetti, detto Baffo Punto Cinque per il compiaciuto sussiego con cui amava citare a memoria le quattro (dico quattro) frequenze VHF di cui era dotato il Macchi 416, macchina che aveva sfornato generazioni di piloti.
Mica era da tutti tenere a mente sedici numeri e quattro virgole da distribuire, senza errori, nei canali A, B, C, e D quarzati a bordo del velivolo.


A parte lo scherzo, con Baffo Punto Cinque tutto filava come da programma ma, quelle poche volte in cui era assente per qualche riunione al Comando Generale delle Scuole, gli stessi istruttori approfittavano per uscire dagli schemi rigidi del programma addestrativo per darci la carica con un volo in formazione, che ci entusiasmava e la cui tecnica di pilotaggio era ancora fuori dalla nostra portata.
Non è detto che non siano state proprio queste estemporaneità ad infonderci la motivazione ed il mordente di cui un pilota militare deve essere dotato.
Anche in questa fase della nostra formazione, per quanto piacevole, non mancarono le difficoltà. Ciò era nell’ordine delle cose in quanto eravamo quasi tutti dei neofiti e quei rari compagni che avevano frequentato da studenti qualche Aeroclub non sembravano trarre gran profitto dalla loro passata esperienza di volo.
Il Macchino, nonostante fosse definito democristiano per il suo “Carrello” piegato come due gambe accostate all’inginocchiatoio, purtroppo non si dimostrò così ricco di carità cristiana da commuoversi alle accorate preci di tutti gli appartenenti al Corso Rostro, rivoltegli nei momenti importanti quali, ad esempio, gli esami di volo, nei quali si andava a decidere il nostro futuro.
Si aggiunga che proprio con il nostro Corso fu introdotto per la prima volta l’esame S.C.I.V., sigla che significava Scuola Centrale Istruttori di Volo, ma che noi storpiavamo dicendo “Si Controlla Il Velivolo”, data la devozione mistica che Biagetti poneva nella procedura di controllo a terra della macchina volante.
L’esame S.C.I.V., molto enfatizzato in ogni briefing pre - volo, pian piano era divenuto uno spauracchio. A giudicarci non sarebbero più stati gli istruttori con cui avevamo sempre volato, bensì altri istruttori sconosciuti la cui qualifica S.C.I.V. lasciava paventare una diversa severità di giudizio, cui non ci sentivamo ancora preparati.
C’era evidentemente qualcuno meno preparato della media così che, assistemmo all’esame di un collega che, dopo aver condotto con sufficiente sicurezza le previste manovre in volo, arrivato in corto finale mollò i comandi e disse scoraggiato all’esaminatore: “..ed ora lo pigli Lei, altrimenti qui ci si ammazza in due, ovvia!”.
Per fortuna, entrambi sono ancora vivi in quanto l’esaminatore non se lo fece dire due volte con l’aereo che sfarfallava a venti metri dal suolo, ma il collega non superò l’esame neppure dopo le consuete missioni di recupero, non essendo mai riuscito a vincere la paura dell’atterraggio.

 
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