Siamo a metà degli anni cinquanta. Non si sono ancora rimarginate le ferite prodotte dallo sfortunato secondo conflitto mondiale, ma c’è nell’aria una gran voglia di ripresa: accanto alle macerie che ancora intristiscono le nostre città spuntano i primi capannoni industriali. Il miracolo economico è alle porte.
Anche le Forze Armate si stanno riorganizzando, superando gradualmente i traumi di un conflitto perso tragicamente. Siamo ormai in pieno clima di guerra fredda: l’Italia è ben inserita nel blocco occidentale e deve fare la sua parte per la difesa del mondo libero. I Paesi alleati la aiutano fornendo generosamente mezzi, materiali e addestramento del personale.
L’Italia tutta è, di fatto, in piena ripresa, morale e materiale: una ripresa che investe tutti i settori, compreso quello delle sue Forze Armate, che vogliono dimostrare agli Alleati che gli sbagli del passato sono sideralmente lontani: il futuro, quanto mai ricco di prospettive, non ammette, nonostante le rivalità politiche interne, incertezze né, tanto meno, atteggiamenti equivoci.
L’Aeronautica è in prima linea in questa ripresa. Nei cieli delle nostre città sfrecciano i primi aviogetti che con il loro frastuono inusitato stupiscono uomini e animali: si diffonde la voce che in qualche caso le galline smettano di fare le uova. Ma sono anche questi rumori che incuriosiscono prima, e attirano poi, molti giovani, affascinati dal mondo dell’Aviazione, un mondo che sembra particolarmente proiettato nel futuro e ricco di prospettive.
In questo quadro, nel 1956, tremila di questi giovani si fanno avanti e decidono di partecipare al concorso per l’Accademia Aeronautica. Si tratta di una cifra certamente ragguardevole, sia in confronto con i concorsi precedenti, che avevano registrato un’affluenza notevolmente inferiore, sia tenuto conto che la ripresa economica spinge le imprese industriali e commerciali, in fase di sviluppo, a richiedere personale giovane, sano e in possesso di una certa cultura: lo stesso che cerca l’Aeronautica Militare.