ALDO BONUTI: che emozione al solo ricordo!
L’ho incontrato per la prima volta durante una manifestazione della PAN negli anni ’60. Mi ero presentato come componente del corso ROSTRO e sono subito stato “assunto” da lui, componente del mitico REX, come suo pingue personale con dovere di sottomissione. Ero infatti macchiato, come tutti i Rostri, del peccato originale di non essersi opposti con sufficiente determinazione all’imposizione del nome Rostro, contro il “dovuto” Rex 2°.
A parziale nostra discolpa, comunque, è da ricordare che noi effettivamente avremmo preferito portare un nome altisonante e con l’epopea storica di oltre 400 decorazioni al valor militare conquistate in guerra. Purtroppo, a quei tempi le nostre possibilità di protesta erano limitate ad alcuni chiassosi trenini durante le marce sul piazzale, con evidenti scarsi risultati.
Di Aldo mi affascinava la vasta cultura, che comportava decise influenze anglosassoni ed incursioni in quella francese, di cui conosceva gran parte della letteratura, attraverso il notevole apporto editoriale dalla Rivoluzione in poi. Dopo la guerra aveva passato un periodo lontano dalla vita aeronautica nazionale. Era poi rientrato accasandosi con la ditta SIAI, per la quale aveva decisamente partecipato al lancio dei velivoli 260, 208 e 1019. Si era subito molto appassionato al settore dell’addestramento primario e, analizzando la situazione operativa, aveva maturato la convinzione che entro breve tempo ci sarebbe stata la necessità di sostituire tutti i velivoli in uso con macchine più moderne e meno costose, anche perché il costo del carburante era in continuo aumento.
Tuttavia, rimaneva ancora convinto che il motore a getto avrebbe continuato ad essere la soluzione operativa più conveniente. Sfortunatamente, non erano ancora a disposizione piccoli motori a basso consumo (turbofan) già previsti per il prossimo futuro. Nel frattempo, era riuscito a convincere la ditta Caproni a motorizzare in proprio aliante Calif con un piccolo motore a getto derivato dagli aeromodelli. Il risultato, dopo opportune modifiche, era stata una macchina con prestazioni accettabili, ma con aspetto piuttosto gracile e poco militaresco.
Continuando il processo di ricerca, poco dopo diveniva disponibile il motore Garret 109, che l’Usaf aveva sviluppato per il nuovo programma di addestramento T.46. Era un prestito degli Stati Uniti al governo belga, procurato dall’attivo impegno di Delamande, il socio belga di Bonuti, con la collaborazione del quale era stata possibile la grande diffusione del SIAI 260. Con un motore del genere ed il necessario capitale era stato dato l’incarico all’ingegner Frati di realizzare il velivolo Jet Squalus, venuto poi alla luce con caratteristiche ideali per sostituire tutti gli addestratori primari allora in servizio.
La sua eccellenza aveva attirato l’attenzione della ditta Sonaca, di proprietà del governo belga, che stava completando la costruzione su licenza dell’ultimo lotto di F.16 e pensava di continuare l’attività con la produzione del Jet Squalus. Sarebbe stata una grande opportunità per il programma, sfortunatamente non realizzata per beghe di natura politico-industriale. E’ stata una vera disdetta, che ha influito negativamente sul tentativo di ringiovanimento degli addestratori allora in uso ed ha incoraggiato la scelta in direzione di velivoli primari turboelica, dato che anche con la parallela cancellazione del programma americano era venuta a mancare la possibilità di disporre di macchine più moderne.
Io ho avuto l’opportunità di essere il collaudatore del Jet Squalus, avendo l’occasione di vivere e lavorare per un lungo periodo assieme ad Aldo e poterne così più profondamente apprezzare il carisma, la grande preparazione tecnica e la profonda umanità. Gande organizzatore, Aldo era anche uno scrittore affascinante, che utilizzava uno stile che ricordava quello dei nostri celebri grandi giornalisti. Il suo fraseggio era scarno ed incisivo, riuscendo con pochi cenni a comunicare situazioni coinvolgenti ed a presentare con immediatezza complicate sceneggiature.
Ne è un convincente esempio il libro che stiamo presentando, stilato da Aldo come una lettera di saluto e commiato indirizzata ad un carissimo amico.